domenica 20 ottobre 2013

Garibaldi e le auto

All'indomani della morte di Giuseppe Garibaldi, il 2 giugno 1882, a Macerata sorge spontaneamente un comitato che propone di ricordare l'eroe con un monumento celebrativo. Macerata stava ancora completando in maniera analoga le celebrazioni per la morte del re galantuomo, Vittorio Emanuele II, al quale il 4 dicembre del 1879 erano state dedicate la piazza principale della città, già piazza Maggiore, e l'adiacente via del Corso ed era in fase di ultimazione l'imponente altorilievo di marmo con epigrafe che sarebbe stato scoperto nel successivo mese di luglio, sulla torre civica, dopo un complicato processo di committenza e realizzazione che aveva procrastinato di 4 anni la perpetrazione nella pietra della devozione al re della nostra città.
Analoghe traversie toccheranno alla statua dedicata all'eroe dei due mondi, che vantava un particolare rapporto con Macerata in quanto fu proprio durante il suo soggiorno in città, tra il dicembre 1848 ed il gennaio 1849, prolungatosi per raccogliere truppe da condurre a difesa della Repubblica Romana minacciata dall'arrivo dei francesi, che Garibaldi venne eletto alla Costituente nel collegio maceratese. Come ringraziamento alla popolazione per tale riconoscimento e per l'ospitalità accordata a lui ed alla sua legione (acquartierata presso il palazzo del Convitto), dedicò ai maceratesi la prima battaglia vinta a Roma, presso porta San Pancrazio, il 30 aprile 1849. Il monumento appariva quindi come uno slancio doveroso e sentito per ribadire il legame tra l'eroe e la città ed il comitato, formato da elementi di spicco della massoneria maceratese e del locale circolo garibaldino, iniziò la lunga trafila della committenza. Varie e vaste furono le controversie, in seno alla commissione, prima tra tutte quella per individuare l'autore. Alla fine si scelse Ettore Ferrari, forse il più grande scultore ottocentesco di statuaria pubblica, di area massonica e famoso soprattutto per la statua di Giordano Bruno di Campo de' Fiori (che ebbe analoga travagliata genesi).
Ferrari produsse un'opera in bronzo su piedistallo di marmo recante rilievi ispirati alla romanità, che fu inaugurata nel 1895, dopo più di dieci anni dall'avvio del progetto. La statua rappresenta l'eroe in solenne posizione di riposo, con lo sguardo volto all'orizzonte, alla volta di Roma. Infatti Garibaldi, nella posizione originale nella quale fu collocato, guardava proprio verso Roma.
 La statua, anche qui dopo lunghe discussioni, fu collocata al centro dell'omonima piazza, all'ingresso della città e ad essa rivolta, quasi a sorvegliare la porta principale di Macerata, quei "cancelli" mai chiusi che sostituirono la porta Romana di età papalina dopo l'annessione, quasi a voler testimoniare una città aperta e libera in territorio libero.
Ma la piazza di Garibaldi diventò ben presto un incrocio viario, un punto nevralgico per la viabilità della città anche in anni in cui le automobili facevano la loro comparsa sporadica e si mescolavano ai molti carri che trasportavano le merci dal borgo Cavour verso il centro. Garibaldi iniziò a dare fastidio alla circolazione, tantoché, dopo aver rischiato un primo spostamento, scongiurato a furor di popolo nel 1902, fu rimosso dal centro della piazza dalla solerzia dell'amministrazione fascista nel 1933 e ricollocato a lato della piazza, in posizione defilata e soprattutto rivolto verso est. Così da allora Garibaldi non guarda più verso Roma e non sorveglia più l'ingresso al salotto buono della città, alla via a lui dedicata che salendo dolcemente accompagna la passeggiata verso il centro. Garibaldi guarda verso il mare e soprattutto pone il suo sguardo severo e un po' perplesso all'incrocio stradale che nel tempo è diventato sempre più nevralgico e sempre più affollato di auto.
E le auto purtroppo lo cingono d'assedio: lo slargo laterale dove è collocato, circondato da una cancellata di ferro, è un parcheggio dove la sosta spesso selvaggia e l'andirivieni di macchine e moto in transito circondano incessantemente la statua dell'eroe.
I gruppi di studenti o di visitatori, che nel corso dei trekking risorgimentali organizzati dal nostro Istituto, conduciamo ai piedi della statua, per leggerne i segni ed ammirarne le fattezze, devono fare lo slalom tra le auto e sono guardati infastiditi dagli automobilisti intralciati dalla presenza di gente a piedi nelle manovre alla ricerca di un pertugio per fermarsi (spesso, ahimé, con il motore acceso) e raggiungere magari il bar vicino. Quasi tutti ci guardano malissimo, invasori di uno spazio consacrato alle auto e strani osservatori di un pezzo della storia di Macerata di cui nessuno (o quasi) si cura più. E' un assedio contro cui Garibaldi non può nulla, neppure se schierasse i suoi Cacciatori delle Alpi o la legione vittoriosa a Porta San Pancrazio. E' ridotto a tappezzeria, nella sua posizione laterale, defilata, tra macchine, motorini e gazebo in plastica da tavola calda. Si limita, eternato nel bronzo, a guardare perplesso e severo, l'Adriatico che segna l'orizzonte.
(Maila Pentucci)

A questo link un interessante articolo in cui lo storico dell'arte Giuseppe Capriotti, con il garbo stilistico, la competenza e l'accuratezza che gli sono propri, ci illustra le vicende storiche ed iconografiche della statua.
Nel Fondo Balelli della Biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata, presente in Opac, si trovano moltissime fotografie di piazza Garibaldi com'era, senza auto e con la statua al suo posto d'onore.

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